ITALIA FRANCIA
La pistola appoggiata sulla sedia. La sigaretta andava consumandosi pigramente. Il disordine della stanza dichiarava la mancanza di gioia. Un compiaciuto avvilimento. La foto di Rachele ridente contrastava l’ambiente e l’espressione assente di Mario. Il televisore gracchiava distratto.
“Ecco si comincia, Italia Francia, campionato del mondo 2006…”
“Ecco si finisce” pensò Mario ed osservò la pistola, poi la foto.
Tre anni buttati via, l’ennesimo fallimento.
“Rigore! È rigore… questa non ci voleva, così, a freddo…”
E glielo avevano detto: troppo bella, troppo intelligente, troppo tutto. E lui invece ci aveva creduto e se ne era innamorato follemente, tanto che divenne la sua ragione di vita.
“Gol! Francia uno Italia zero.”
“Troppo ossessivo, sei quasi maniacale, troppo Rachele dipendente.”
Così gli dicevano gli amici e lui niente, sempre appresso a lei, a coprirla di attenzioni e regali, a scriverle poesie, a corteggiarla ogni giorno.
“Materazzi!!! Materazzi si è rifatto del rigore regalato ai francesi, splendida elevazione. Che gol! Cosa ne pensi Mazzola? Un gesto atletico non da poco…”
“Materazzi ci sta abituando a queste cose. Avanti che si ricomincia.”
Le urla dalle altre case. Si asciugò il sudore. Prese l’arma e la ripose.
“Non è facile. Perdonami mamma, perdonatemi tutti.”
Pianse. La partita era persa.
“Adesso la partita è riaperta. La squadra mi pare bene disposta in campo, cosa ne pensi Mazzola?”
“Sì, stanno combattendo da leoni e i francesi sono rimasti storditi dal gol.”
“Ingegnere fisico nucleare” così rispondeva da bambino a chi gli chiedeva cosa avesse voluto fare da grande, perché gli avevano detto che era lo studio più difficile. E lui cercava sempre di andare oltre, di superare tutti in bravura ed intelligenza.
“E invece eccoti qua, piccolo odontotecnico di provincia. Fallito ed inutile. Almeno avessi fatto il calciatore…”
“Rieccoci cari telespettatori al secondo tempo di una partita che vede l’Italia arrembante e decisa a conquistare questa coppa.”
Il metallo freddo della pistola gli diede un piccolo conforto. La appoggiò al collo ma fece attenzione a non sfiorare il grilletto.
“Ci mancherebbe solo che partisse un colpo per sbaglio…”
“No, non è l’Italia del primo tempo, diamo troppo spazio agli avversari che hanno saldamente in mano il centrocampo.”
“Perdono, perderanno. Già, se non combatti ti scoraggi e sarai solo. È per questo che è meglio andarsene, sparire per sempre. Rachele, Rachele…”
Pianse ancora.
“…perché noi abbiamo 120 minuti nelle gambe, ma loro un giorno in meno di riposo. Vediamo cosa succederà ai supplementari. Forza ragazzi.”
“Già, forza Mario, che ce la fai. Basta premere e poi… e poi?”
Ripose l’arma per l’ennesima volta. L’avrebbe usata a fine incontro.
“Ma sì, godiamoci la partita e poi… sarà finita. Vedi che sono poeta?”
Finse di sorridere.
“Ed ora la lotteria dei rigori che ci è stata sempre sfavorevole… eh Sandro?”
“Per fortuna che non c’è Zidane… chissà cosa gli è successo, come mai una reazione così… non me lo sarei aspettato da un campione come lui. Non c’è giustificazione, qualsiasi cosa gli abbia detto Materazzi.”
“Il primo a tirare è Pirlo.”
Mario guardò il calciatore avvicinarsi al pallone, chinarsi per sistemarlo, quindi arretrare, tirare e Gol! Poi un francese, altro gol, quindi Materazzi, gol!
“Traversa! Proprio Trezeguet ha commesso l’errore…”
Mario accese la milionesima sigaretta e guardò ridendo il televisore. Si chiese perché di tanta ilarità, ma non seppe darsi risposta.
“L’ultima risata prima della morte.”
“Grosso, tutto è nelle mani… anzi, nel piede di Grosso. Lippi gli ha dato fiducia e fino a questo momento il ragazzo ha ricambiato. Eccome se ha ricambiato.”
“La vita è come il gioco delle carte. Ricorda Marietto, tutto può accadere.”
“Gol! E’ finita! E’ finita! E’ finita! E’ finita! Il cielo è azzurro sopra Berlino. Campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo, siamo campioni del mondo!”
I suoni delle strade esplosero.
Mario prese la pistola, la puntò al soffitto e finse di sparare, quindi si alzò e la ripose in un cassetto. Uscì e tra la folla s’annegò.
© Rocco Burtone