AL TELEFONO
“…è qui, è sotto casa…”
“Clara calmati… cerchiamo di ragionare.”
“Cosa vuoi ragionare… sono terrorizzata… cosa faccio?”
“Per cominciare devi calmarti, perché finché sei così agitata…”
“Dici bene tu…”
“Fai un bel respiro, rilassati. In questo momento non corri alcun pericolo. Sei a casa e la porta è blindata. Il tipo è sempre giù?”
“Sì, è lì di fronte al panificio. Schifoso! Ecco, ecco, guarda in alto… proprio verso di me.”
“Ma non ti vede perché tu sei dietro la tenda, giusto?”
“Non mi vede ma guarda qui.”
“Come fai a sapere che è armato?”
“Perché quando mi si è avvicinato ha aperto la giacca e mi ha mostrato un coltellaccio infilato nella cinta. Stavo per attraversare la strada con le borse della spesa e mi sento chiamare… e lui era lì… e sorrideva.”
“Ma che tipo è? È straniero? Extra comunitario?”
“Ma che extra comunitario… ha l’accento veneto, almeno così mi è parso. E poi cosa c’entra?”
“Perché sono sempre loro.”
“Ma non è vero.”
“Ma li leggi i giornali?”
“Certo che li leggo… ma che cazzo fai, un’indagine Doxa? Sono qui terrorizzata e tu…”
“Hai ragione, scusami, adesso chiamiamo la polizia…”
“… e mi ha detto <Clara, devo ucciderti> e parlava con una calma terribile… e sorrideva. Cosa gli ho fatto? Perché ce l’ha con me?”
“Clara, non piangere… ti prego, adesso riappendi il telefono e chiamo subito la polizia…”
“Si è spostato… non lo vedo più… Dio mio, dov’è?”
“Non importa, tu sei chiusa in casa, non può fare nulla. Ti prego, convinciti di questo… possibile che tu non lo conosca?”
“Non l’ho mai visto in vita mia… ti giuro, non so chi sia.”
“E quando ti si è avvicinato, c’era qualcuno vicino a te?”
“Sì, c’era tanta gente, ma nessuno ha visto niente. Mi ha chiamato per nome… conosce il mio nome… capisci? Mi ucciderà.”
“Smetti di piangere e riattacca questo benedetto telefono che chiamo la polizia… sei sicura di non conoscerlo? Mi sembra così strano…”
“Non sono mica scema. Se ti dico che non lo conosco… Oh cielo! Sta suonando il campanello. È lui… è lui…”
“E tu non rispondere… “
“Certo che non rispondo…però squilla ancora… Mio Dio, cosa sta succedendo?”
“Niente Clara, non succede niente… allora, calmati, bevi un bicchiere d’acqua e siediti. Io chiamo la polizia…”
“Già, e cosa dico alla polizia?”
“Cosa vuoi dire? La verità, quello che ti è successo. Che un tizio di non si sa bene dove… ti minaccia. Vedrai che o lo acciuffano o comunque sparisce.”
“La porta… bussano alla porta… mi sento male.”
“Basta, smettila… non farti prendere dal panico!”
“Ma è dietro la porta… come ha fatto a salire?”
“Innanzitutto non sei certa che sia lui…”
“Sì, è lui… e mi vuole uccidere.”
“E anche se fosse lui tu non apri, quindi stai tranquilla, che non può fare nulla. Lo vuoi capire? Non può fare nulla! Non può sfondare la porta, è blindata! Neanche col bazooca. Adesso fai una cosa, accostati allo spioncino e guarda chi è.”
“Non ce la faccio.”
“Clara, devi farcela, non ti può succedere nulla. Devi solo guardare chi è… dai, guarda.”
“E devo lasciare il telefono?”
“Certo, ma solo per due secondi e poi torni a dirmi chi c’è dietro la porta.”
“Vado.”
“Vai.”
“Non riattaccare, ti prego.”
“Scherzi? Certo che non riattacco. Resto qui ad aspettarti. Dai, vai.”
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“E’ il portiere.”
“Il portiere?”
“Sì, il portiere e in questo momento mi sta chiamando.”
“Visto che non era il nostro uomo? E cosa vuole?”
“Non lo so…”
“Chiedigli cosa vuole senza aprire la porta.”
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“Deve consegnarmi un pacco.”
“Allora, adesso calmati e digli che passerai più tardi…”
“No, io prendo il pacco e gli spiego tutto.”
“No Clara, è meglio di no…”
“Non ce la faccio più. Gli apro e mi aiuterà.”
“Clara, non farlo.”
“E perché? È il mio portiere, mi aiuterà. Mi conosce da quando sono piccola. Rimani al telefono che lo faccio entrare.”
“Ti prego Clara, non farlo, aspetta…”
“Non fare cosa? Lo vuoi capire che non ce la faccio più? Devo pur farmi aiutare da qualcuno. Aspetta che torno subito.”
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“Clara… Clara…”
© Rocco Burtone